Mussolini in Sardegna a Villa Webber
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Mussolini prigioniero a La Maddalena, la storia del duce prigioniero a Villa Webber

Mussolini in Sardegna a Villa Webber

Non tutti ne sono a conoscenza, ma un posto in particolare della Sardegna, è stato il luogo di prigionia di Benito Mussolini nel lontano 1943.

Sono passati ormai 80 anni, da quando Mussolini fu detenuto come prigioniero a La Maddalena, la sua prigione, se così vogliamo definirla, fu per un breve periodo la conosciutissima Villa Webber.

Molti storici e studiosi hanno scritto sui 20 giorni di prigionia di Mussolini in Sardegna, ma tanti dettagli di questo periodo di vita del Duce, sono frutto delle annotazioni che egli stesso teneva sui suoi diari, o dei racconti orali e scritti delle poche persone a cui era consentito avere contatti con Mussolini.

Mussolini giunse a Villa Webber poco dopo le 12 del 7 agosto 1943, a bordo del cacciatorpediniere FR 22, conosciuto anche come Panthère. Per evitare che potesse essere visto da qualcuno, durante il suo trasferimento dalla rada davanti alla vecchia batteria Padule fino alla Villa Webber, fu lanciato un falso allarme aereo, in modo da allontare i curiosi o qualsiasi potenziale testimone del suo arrivo.

Questa strategia funzionò alla perfezione, infatti le strade divennero deserte, svuotate sia da civili che militari, così fu possibile condurre e trasportare il Duce fino alla sua prigione in tutta sicurezza.

In quel periodo furono diversi i luoghi in cui Mussolini trascorse dei periodi di prigionia, così come furono incessanti i tentativi di liberare il Duce da parte dei tedeschi, per questo quindi, si pensò che l’isola de La Maddalena potesse essere il luogo più adatto, essendo una località molto isolata ma al contempo anche ben protetta e armata.

Nei giorni precedenti all’arrivo di Mussolini in Sardegna, fu attivato un elaborato piano di isolamento e sorveglianza di tutta la zona circostante alla villa, chi risiedeva nella stessa Villa Webber fu allontanato dalla struttura con ordini delle forze armate, e la stessa cosa fu fatta per gli abitanti delle case vicine. L’intera villa fu assediata da un gran numero militari, altri, circa un centinaio occuparono e sorvegliarono l’intera pineta vicina che circondava la villa.

Tutti gli accorgimenti e le scelte ponderate del caso, non bastarono comunque a tenere segreto, né il luogo né l’identità del prigioniero, la notizia infatti trapelò in poco tempo, e alcuni curiosi, nei primi giorni, riuscirono anche ad intravedere Mussolini da lontano, poiché gli era stato concesso di fare delle passeggiate nella pineta, fare attività ginnica e prendere il caffè nei locali esterni della villa.

Tutto questo clamore avrebbe potuto creare diversi problemi, quindi si decise di negare tassativamente qualsiasi attività esterna e di confinare completamente il Duce all’interno della villa.

Mussolini viene isolato in due stanze, contenenti il minimo essenziale per la sua permanenza. Pochi arredi, giusto un letto, una poltrona, qualche sedia e un tavolo per ogni stanza.

La prigionia, l’isolamento e il confinamento, non erano i suoi unici problemi, Mussolini infatti, aveva da anni alcuni dei problemi di salute, dovuti da un’ulcera e la gastrite, i dolori legati a queste patologie si fecero più intensi nel periodo di prigionia, per questo fu necessaria l’assistenza di un medico.

La segretezza era importantissima e fondamentale, per questo il Comando di marina inviò un medico alla villa affinché visitasse il Duce, si trattava del maggiore medico Stefano Castagna, che prescrisse delle cure che comprendevano anche delle iniezioni di cui si occupò il maresciallo infermiere Francesco Savarese.

Mussolini inoltre era sprovvisto di biancheria, per cui i pochi abiti che aveva dovevano essere lavati spesso. Per questo compito fu incaricata la giovane figlia appena ventenne del guardiano della villa. La ragazza si chiamava Maria Pedoli e oltre ad occuparsi della pulizia dei vestiti del Duce, provvedeva tutti i giorni a procurare e portare alla villa dei pomodori, qualche frutto, un pò d’uva, delle uova e un pò di latte, ovvero le poche cose che Mussolini riusciva a mangiare per via dei suoi problemi di salute.

Le cure del Dottor Savarese non giovarono, per questo fu accettato l’aiuto di un medico della Maddalena, una persona legata al movimento fascista e che risiedeva nei pressi della villa. Il medico maddalenino Aldo Chirico, fu autorizzato solo a scrivere al Duce, non ci fu quindi nessun contatto diretto, ma divenne una figura fondamentale che gli forniva informazioni dall’esterno e con cui si instaurò un rapporto di fiducia.

Chirico riuscì in qualche modo a lenire le sofferenze provocate dal suo stato di salute e a fargli avere alcuni indumenti di ricambio, due camicie, tre mutande, tre paia di calzini e una maglietta, vestiti usati ma ancora in buono stato di sua proprietà.

Un’altra persona che ebbe contatti con Mussolini durante la sua prigionia a Villa Webber fu il parroco, monsignor Salvatore Capula. Le visite del parrocco suscitano beneficio nel Duce a livello morale e spirituale, tanto da lasciarsi andare raccontando alcune questioni delicate della sua famiglia, delle sue condizioni di salute e a rivelare alcuni aspetti più intimi di sé.

In seguito scrisse una lettera indirizzata alla sorella Edvige, dove diceva: “In un’isola ho incominciato, dopo quaranta anni, il mio avvicinamento alla religione. Se ne occupava un parroco di fama ottima. Poi sono partito e la di lui fatica rimase interrotta”.

Durante i 20 giorni di prigionia, i tedeschi vennero a conoscenza di alcune voci che Mussolini fosse detenuto a La Maddalena, per questo due ufficiali delle SS che parlavano perfettamente italiano, furono incaricati di raggiungere l’isola per accertarsi che Mussolini si trovasse realmente lì e in quel caso identificare il luogo esatto in cui era tenuto prigioniero.

I due ufficiali si recarono a La Maddalena e travestiti da marinai, girovagando per le strade, nei bar e nei luoghi di ritrovo, cercarono di carpire informazioni dalle chiacchiere di paese. Con l’aiuto di un fruttivendolo del posto, riuscirono a individuare la villa e a fotografare il duce mentre prendeva il fresco nella terrazza.

Iniziarono così le operazioni per tentare di liberare Mussolini, un aereo da ricognizione tedesco sorvolò a bassissima quota la villa, tanto che lo stesso duce ne rimase impressionato. Uno degli ufficiali informò immediatamente Hitler a Berlino, che fece scattare l’ordine di liberazione immediata.

La marina da guerra tedesca e un’intera brigata delle terribili SS, si organizzarono nella vicina Corsica per non destare sospetti, il piano era quello di inviare da Anzio una squadriglia di siluranti tedesche, mentre un’altra squadriglia sarebbe partita dalla Corsica trasportando la brigata SS.

Il Generale Basso, comandante militare in Sardegna, iniziò a notare qualcosa di anomalo, quindi informò Roma che era molto probabile che i tedeschi avessero scoperto la sede del prigioniero, ed era quindi possibile che si stessero organizzando per mettere in atto un tentativo di liberazione.

Venne quindi organizzato velocemente il suo trasferimento, un idrovolante per il soccorso in mare, fu preparato con il pieno di carburante e l’equipaggio pronto a partire, nell’area davanti a Piazza Comando.

Nella sera del 27 agosto fu comunicato a Mussolini che a breve sarebbe stato trasferito in altra sede. La partenza era prevista prima dell’alba, con il favore dell’oscurità, precisamente alle 4:00 del mattino del 28 agosto.

Per cercare di nascondere la sua identità, durante tutto il tragitto dalla villa al luogo della partenza, a Mussolini vengono fatti indossare un pesante cappotto nero e un grosso berretto nero calato sugli occhi. Fu trasportato in auto fino alla banchina e con una barca trasferito a bordo dell’idrovolante.

Alle 5,50 del 28 agosto 1943 l’idrovolante decollò in direzione di Vigna di Valle, è fu così che terminò il breve periodo di prigionia di Mussolini a Villa Webber.

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