La maledizione «Lollove as a esser chei s’abba è su mare: no as a crescher nen parescher mai!»
Lollove e la sua maledizione
Lollove, frazione del comune di Nuoro, dista 15 chilometri dal capoluogo, è un altro dei paesini della Sardegna abbandonati e dimenticati, colpiti da una maledizione, come il borgo di Rebeccu, a Bonorva.
Un alone di mistero avvolge Lollove, luogo senza tempo, inserito nel club dei borghi più belli d’Italia.
Si fermerà il tempo passeggiando tra le ripide e strette viuzze in acciottolato e case in pietra grigia inerpicate sul declivio di una collina, da cui godrai del panorama sulla vallata sottostante.
Le abitazioni intatte sono poche, si passeggia tra le rovina di un paese che non cresce, manon muore mai, hanno tetti a spioventi, coperti da tegole d’argilla, laddove non sono crollate, finestre con vasi di fiori e porte con architravi.
Dentro le vecchie case, immancabili sono camino e forno a legna. L’atmosfera ti porterà a immaginare come dovesse essere il villaggio quando era animato da una vita fuggita altrove, scandita dal ritmo lento di natura e duro lavoro nelle vigne.
Il silenzio surreale evoca racconti antichi, cupi e misteriosi.
Lo scandalo nel monastero
Gli anziani rimasti narrano che una o più francescane ‘penitenti’ dell’antico monastero di via Bixio, cui faceva capo la seicentesca l’ex parrocchiale tardo-gotica di Santa Maria Maddalena, furono accusate di rapporti carnali con i pastori locali.
Scoperto lo scandalo, le monache, sdegnate per infamia e comportamento delle consorelle, abbandonarono il villaggio scagliandogli contro la maledizione: “Lollove sarai come l’acqua del mare, non crescerai né mostrerai (di crescere) mai!”.
La maledizione, a oggi, sembra aver raggiunto l’apice della sua crudeltà, il borgo si è spopolato, ma mai del tutto, resistendo in alla scomparsa, il merito è dei suoi pochi e tenaci abitanti, dediti ad agricoltura e allevamento.
Nel corso del XX secolo, il suo fascino ha ispirato artisti e scrittori: Grazia Deledda ci ambientò ‘La madre’ (1920), romanzo incentrato sulla storia proibita tra un giovane prete e la bella Agnese, a ribadire l’aura peccaminosa e oscura del borgo.
I ‘vecchi’ sostenevano che Loy (nome aragonese del paese fino al XIX secolo) nacque prima e fu più grande di Nuoro. Si riferivano al Medioevo, quando nelle valli dei fiumi Cedrino e Sologo era il maggiore di tanti villaggi.
Fu Comune fino a metà XIX secolo, ora è l’unica frazione del capoluogo.
Nel 1950 contava oltre 400 abitanti, oggi sono rimasti in 26.
Non ci sono i servizi base, medico, scuole e ufficio postale. Non esistono negozi o bar. Basti pensare che l’energia elettrica è arrivata solo alla fine del XX secolo.
Si apre ai visitatori e si anima nelle feste religiose, nel resto dell’anno, solo poche voci in lontananza, capre, cavalli e gatti.
Bellissimo paesello ❤️❤️