La roccia dell'elefante, un monumento naturale che prima incanta e poi sorprende
Le rocce strane, per così dire, in Sardegna non si contano, le coste e le montagne sono costellate di monumenti naturali frutto di anni di erosione modellati da acqua e vento, oppure opere straordinarie dell’ingegno umano.
La roccia dell’elefante di Castelsardo, è un capolavoro in cui l’opera della natura e l’opera dell’uomo si fondono, dando vita a uno degli spettacoli più conosciuti ed ammirati della costa nord della Sardegna.
La roccia dell’elefante si trova precisamente nella località Multeddu, al km 4,3 della SS 134 che collega Castelsardo al comune a Sedini, per questo risulta facilmente raggiungibile dalla strada, anche se la zona circostante nelle immediate vicinanze della roccia, purtroppo non offre aree di sosta per poterla ammirare in totale sicurezza.
La sua bellezza è impattante, a prima vista colpisce per la sua sagoma così particolare, percorrendo quella strada è praticamente impossibile non notarlo.
Un enorme masso di trachite e andesite, così imponente e appariscente con i suoi 4 metri circa di altezza e il suo inconfondibile color ruggine, ci si ritrovata improvvisamente davanti a un grosso elefante di pietra, che pare seduto sul ciglio della strada.
Incantati dalla sua maestosità, in pochi rinunciano a fare un selfie accanto alla roccia dell’elefante, ma in realtà questo monumento naturale della Sardegna, oltre alla sua indiscutibile bellezza e la sua importanza turistico-paesaggistica, ha molto di più da offrire e raccontare a chi sa vedere oltre la superficie e oltre le apparenze.
La roccia dell’elefante sorprende ancora di più quando si scopre che non è sempre stata lì. Originariamente, in un passato molto lontano, il masso faceva parte del complesso roccioso di monte Castellazzu, dal quale un giorno si staccò rotolando fino a valle posizionandosi proprio dove si trova oggi, dove per anni è stato modellato fino ad assumere la forma animalesca che lo ha reso così famoso.
Ma la vera magia è racchiusa al suo interno, nel suo grembo infatti custodisce due Domus de Janas, scavate su livelli differenti, probabilmente tra il 3200-2800 a.C. che raccontano con tracce tangibili, la vita dei sardi nell’era preistorica del Neolitico. Proprio per questo motivo, la roccia dell’elefante rappresenta una testimonianza di notevole rilevanza archeologica.
Uno dei due ipogei, quello superiore che è stato il primo ad essere scavato, purtroppo risulta particolarmente danneggiato dal tempo e dall’erosine, ma si possono distinguere e si conservano ancora bene, tre vani di modeste dimensioni, disposti sull’asse nord-ovest/sud-est. Non è improbabile inoltre, che il gruppo di tre celle fosse preceduto da un padiglione coperto che potrebbe essere probabilmente crollato.
Il secondo ipogeo, quello inferiore, risulta molto ben conservato ed è caratterizzato da due protomi taurine contrapposte scolpite in rilievo sulle pareti di uno dei vani interni. Questo ipogeo comprende oggi quattro piccoli vani, in origine preceduti da un breve dromos (corridoio) in parte coperto e in parte a cielo aperto.
Per questa sua particolarità archeologica, la roccia dell’elefante veniva chiamata Sa Pedra Pertunta, il suo nome originario in lingua sarda, riscontrabile anche in alcuni documenti ufficiali, che si traduce letteralmente in “la pietra traforata”.
Nel 1914 lo studioso Edoardo Benetti fu il primo ad associare ad un elefante l’originale forma della roccia, con queste parole: “Chi da Castelsardo percorre la via Nazionale che conduce a Sedini, d’un tratto si trova di fronte ad uno strano spettacolo. Un gigantesco elefante, tre volte più alto degli enormi mamhut preistorici, par che esca dalla giungla e s’incammini verso la montagna“.
La roccia dell’elefante rappresenta per la Sardegna, un vero patrimonio storico e naturalistico, a cui forse non viene data la giusta considerazione e importanza, oltre a non ricevere i dovuti interventi di manutenzione e messa in sicurezza, che risultano necessari se non essenziali, in quanto diversi sardi, e purtroppo anche tantissimi turisti che riconoscono l’importanza di questo monumento naturale, segnalano da tempo che meriterebbe più cura e più attenzioni, in sostanza dovrebbe essere valorizzata al meglio e non considerata come una semplice attrazione.
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