Una meraviglia unica nella zone del Mediterraneo, massima espressione sacra della civiltà prenuragica
Il santuario prenuragico sorge al centro della Nurra, nel territorio di Sassari
Tempio di Monte d’Accoddi, un monumento unico nel Mediterraneo
Non esiste relazione diretta, eppure è molto simile ai coevi templi mesopotamici e incarna il credo ‘orientaleggiante’ di unione tra cielo e terra: le aree sacre in cima a rilievi erano considerate punto d’incontro tra uomo e divinità.
Il tempio di Monte d’Accoddi o Akkoddi (dall’arcaico kodi, ‘pietra’), risalente a 5000 anni fa, è un simil-ziqqurat (strutture religiose polifunzionali, più precisamente piattaforme cultuali sovrapposte, diffuse lungo tutta la Mesopotamia, ma anche sull’altopiano iranico e nelle zone dell’odierno Turkmenistan) unico in Europa per singolarità di tipologie architettoniche.
Fu scoperto nel 1947, gli scavi iniziarono 5 anni dopo in un piccolo colle che pareva ‘artificiale’ al centro di una pianura.
In realtà, era un altare a piramide ricoperto di terra, dedicato forse a una divinità femminile, scolpita in una stele granitica accanto al monumento. Secondo leggenda fu costruito da un principe-sacerdote fuggito dal Medio Oriente. Con una particolarità: lo ziqqurat è il tempio del Sole, lui lo dedicò alla Luna.
Il santuario prenuragico sorge al centro della Nurra, lungo la ‘vecchia’ statale 131 (verso Porto Torres), nel territorio di Sassari, a undici chilometri dal capoluogo del nord dell’Isola. Il monumento aveva un ruolo centrale nella società di allora: fu culmine dell’evoluzione di un complesso sviluppatosi dalla seconda metà del IV millennio a.C.
L’altare è la sovrapposizione di due fasi, quella del ‘tempio rosso’, nel Neolitico finale (3500-2900 a.C.), e la successiva del ‘tempio a gradoni’, nell’Eneolitico (2700 a.C. circa), durante la ‘cultura di Abealzu–Filigosa’.
Nella prima fase vari villaggi di capanne quadrangolari facevano capo a un centro cerimoniale, del quale noterai una necropoli a domus de Janas e, nelle loro posizioni originali, ai lati del santuario, un menhir a forma allungata (alto 4,5 metri), un’enorme lastra con sette fori (forse per legare le vittime) e massi di pietra sferoidali, uno di cinque metri di circonferenza. Tutte le pietre avevano precisa funzione nei riti sacrificali.
Alla fine del Neolitico finale le genti della ‘cultura di Ozieri’ edificarono una piattaforma a forma di tronco piramidale, con lati alla base di 27 metri, sopra cui si ergeva un vano rettangolare con superfici intonacate e dipinte di color ocra e tracce di giallo e nero.
Dell’ambiente sacro rimangono pavimento e resti di un muro perimetrale. Intorno al 2800 a.C., la struttura del ‘tempio rosso’, abbandonata da circa due secoli, fu ricoperta da un colossale riempimento di terra, pietre e marna calcarea, a sua volta ‘rivestito’ da grandi blocchi di pietra.
Sorse una nuova grande piattaforma piramidale ‘a gradoni’, con lati più lunghi della precedente e accessibile da una rampa, lunga quaranta metri e larga da tredici a sette.
Il secondo santuario ricorda le ziqqurat con altare ‘a cielo aperto’.
La struttura occupa 1600 metri quadri ed è alta quasi sei metri (in origine forse otto). All’interno, una camera inesplorata: forse, come in Mesopotamia, contiene il letto sacro dove si compiva il rituale di rigenerazione della vita e fertilità della terra.
Intorno, i resti di un villaggio, dove sono state rinvenute ceramiche quasi intatte. Ammirerai i reperti nel museo archeologico Sanna, insieme a un modello dell’altare nella fase più antica.
L’edificio conservò la funzione religiosa per un millennio: ai suoi piedi sono stati trovati resti di ‘pasti sacri’ e oggetti usati nei riti propiziatori.
Il sito fu abbandonato a inizio del Bronzo antico (1800 a.C.) e riusato saltuariamente per sepolture.
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