La bardana di Tortolì: la notte in cui la Barbagia sfidò lo Stato
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Un attacco organizzato da una settantina di briganti provenienti dalla Barbagia

La bardana di Tortolì: la notte in cui la Barbagia sfidò lo Stato

La notte tra il 13 e il 14 novembre 1894, Tortolì fu teatro di una delle più audaci e sanguinose rapine armate della storia sarda. Un attacco organizzato da una settantina di briganti provenienti dalla Barbagia che seminò il terrore, colpì duramente una famiglia agiata del paese e sfidò apertamente le istituzioni del Regno d’Italia.

Era un’epoca in cui la Barbagia, aspra e difficile da controllare, era il rifugio naturale di bande armate che, non di rado, scendevano verso la costa per compiere razzie. In quella drammatica notte, la casa presa di mira fu quella del Cavaliere Vittorio Depau. Il notabile non era presente, ma nell’abitazione si trovavano la moglie Giannetta Sechi, il loro neonato, il suocero, due domestiche e tre servi.

L’attacco cominciò con due fucilate ai carabinieri in pattuglia. Uno fu ferito, l’altro si salvò. Il vero assalto era però rivolto alla dimora dei Depau, dove il servo Giuseppe Olla oppose una strenua resistenza, riuscendo a uccidere uno degli assalitori prima di venire brutalmente assassinato con colpi d’ascia.

Nel frattempo, i carabinieri guidati dal brigadiere Pietro Giua tentarono di intervenire, ma la banda – ben organizzata – aveva bloccato ogni via d’accesso al paese. Giua fu gravemente ferito e morì due giorni dopo.

In casa Depau, la famiglia riuscì a nascondersi in un solaio, scampando al massacro. I briganti misero a soqquadro l’abitazione, razziando denaro, gioielli e armi, per un bottino che oggi varrebbe decine di migliaia di euro. Dopo tre ore, lasciarono Tortolì gridando un segnale in codice: «Bandiera di Tortolì. Contentezza. Portafoglio».

Il loro compagno ucciso? Spogliato, decapitato e abbandonato: una macabra strategia per evitare l’identificazione.

L’episodio ebbe risonanza nazionale. Il “Corriere della Sera” inviò un cronista. Il Parlamento, su impulso del governo Crispi, avviò un’inchiesta sulla sicurezza in Sardegna. L’amministrazione comunale organizzò i funerali degli eroi caduti, il brigadiere Giua e Giuseppe Olla, e chiese onori ufficiali. Le medaglie al valor militare furono conferite, ma il trauma lasciato nel paese fu profondo e duraturo.

Il processo che ne seguì, nel 1897, si concluse con pesanti condanne, ma anche con una controversa assoluzione in appello per uno dei capi latitanti.

A distanza di oltre un secolo, la “bardana di Tortolì” resta una delle pagine più crude e simboliche della lotta tra lo Stato e le sacche di ribellione armata della Sardegna post-unitaria. Una memoria che ancora oggi riecheggia nei racconti popolari e in una canzone di cento versi nata all’indomani dell’assalto.

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