grotta corbeddu oliena
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La Grotta Corbeddu prima dimora dell'uomo sardo preistorico e dopo rifugio del famoso bandito barbaricino Giovanni Corbeddu Salis

La Grotta Corbeddu nel corso di anni di ricerche è stata una fonte inesauribile di informazioni, che hanno permesso di ricostruire diverse e importanti parti di storia della Sardegna, e molto probabilmente sono ancora tanti i segreti che permetterà di svelare.

La grotta Corbeddu si trova nel territorio di Oliena, in provincia di Nuoro, all’interno della valle di Lanaittu, ed è stata più volte al centro delle cronache per diverse motivazioni, una delle quali è perché é stata scelta come rifugio durante la sua lunga latitanza, dal famoso bandito barbaricino Giovanni Corbeddu Salis, da cui per l’appunto prende il nome, che è stato uno dei protagonisti del banditismo sardo di fine 800. All’interno di una delle sale è ancora visibile quella che si dice sia la firma del famoso bandito sardo, accompagnata dal disegno di una bilancia.

Il motivo più importante però, è che al suo interno sono stati ritrovati reperti archeologici di inestimabile valore, motivo per cui è stata considerata uno dei luoghi più importanti dell’isola dal punto di vista archeologico.

La Grotta Corbeddu è lunga circa 130 metri, e si sviluppa prevalentemente in modo orizzontale, risultando suddivisa in 3 “sale” principali, terminando poi in un piccolo ambiente.

La Grotta Corbeddu è stata in modo particolare, uno dei siti dove i ricercatori hanno recuperato di reperti di notevole importanza per la ricostruzione della storia sarda. Da questo sito infatti, provengono le prime attestazioni archeologiche che testimoniano la presenza umana in Sardegna nel Paleolitico superiore, assieme ad altri reperti forse inquadrabili nel Mesolitico e ad attestazioni relative al Neolitico antico.

grotta corbeddu oliena
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I REPERTI TROVATI NELLA GROTTA CORBEDDU

I reperti ossei umani rinvenuti all’interno delle sale della Grotta Corbeddu sono, un osso temporale ed uno mascellare, entrambi trovati nella seconda sala ed appartenenti ad uno stesso individuo, databili attraverso le analisi al radiocarbonio, a 13.500 fa.

Sempre nella seconda sala è stato recuperato più recentemente un altro singolare resto fossile umano, consistente nella porzione prossimale della prima falange di una mano, datata circa 20.000. Ad oggi questi reperti risultano essere i più antichi resti umani rinvenuti in un contesto archeologico insulare del Mediterraneo.

Altra particolarità consiste nel fatto che queste ossa presentano caratteristiche morfologiche che evidenziano un marcato endemismo rispetto alle altre specie del genere “Homo” attestate in Europa in quel periodo.

Di particolare rilievo è inoltre il ritrovamento, effettuato successivamente nel fondo della sezione di scavo della prima sala, di una porzione prossimale di un’ulna umana, assegnata ad un individuo diverso da quello a cui appartenevano le parti di cranio, che erano state rinvenute nella seconda sala.
Anche questo interessante frammento osseo presenta una morfologia differente da quella del “Homo sapiens” e appare caratterizzato da un accentuato endemismo.

Sono stati scoperti inoltre attrezzi in osso e in pietra che venivano utilizzati da questo uomo sardo preistorico nella vita quotidiana.

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