Sa Stria e sa striadura, nei racconti di una antica leggenda sarda
Le leggende sarde, racconti che si perdono nella notte dei tempi. La leggenda de Sa Stria, sembrerebbe addirittura risalire ai tempi dell’Impero Romano.
Stria è una parola in lingua sarda, che si usa per indicare una specifica categoria di volatili sostanzialmente notturni, ma anche le fattezze di una donna intrigante. Nello specifico stria significa gufo, civetta, barbagianni.
In Sardegna esiste una antica leggenda legata proprio a questo animale, che si dice possedesse dei poteri malefici, e che incontrare sa stria fosse presagio di sventura, morte o disgrazie imminenti. In alcune zone della Sardegna, quando si incontra una stria e contemporaneamente si sente il suo verso acuto e stridulo, per evitare sfortuna e disgrazie, è usanza abbassare subito lo sguardo verso terra, ed evitare assolutamente di incrociare il suo sguardo, e immediatamente sputare 3 volte per terra.
Se poi sfortunatamente l’animale durante il volo passa sopra la testa di una persona, oltre a portare sfortuna, potrebbe provocare una vera e propria malattia, ovvero sa striadura.
In questo caso, era necessario verificare che la persona avesse o meno i classici sintomi de sa striadura, riconoscibili attraverso gli occhi e il viso, a causa del colorito giallognolo tipico dell’itterizia.
Si procedeva quindi a una sorta di diagnosi, che prevedeva una strana e insolita misurazione. Con del filo bianco da imbastire, si verificava che l’altezza della persona corrispondesse alla misura dell’estensione delle sue braccia. Nel caso queste misure non fossero state uguali, si eseguivano i riti di guarigione.
Le pratiche e i riti per la guarigione de sa striatura, variavano in base alla zona, e in alcuni casi potrebbero risultare alquanto barbari, macabri e talvolta disgustosi. In alcune zone della Sardegna, si usa bruciare le piume del voltatile fino a ricavarne una cenere sottile, da versare in seguito nel caffè che sarà somministrato al malato come antidoto.
In altre zone il rituale e più o meno simile, con la differenza che si compie nella fase terminale del ciclo lunare e insieme alle piume si brucia anche il filo utilizzato per la misurazione. Inoltre con il fumo che si crea, si segna la croce sopra il malato mentre si recitano i brebus. Le ceneri invece, vengono allo stesso modo somministrate insieme al caffè, che il malato dovrà bere a digiuno la mattina seguente.
Oggi ovviamente siamo perfettamente consapevoli che questi animali non sono ne portatori di malattie, ne di disgrazie. In tempi antichi però si tendeva a giustificare in questi modi ciò per cui non si aveva nessuna spiegazione.
Fortunatamente esistono anche leggende positive legate a questi particolarissimi rapaci. Nelle zone rurali del Sud della Francia, ad esempio, si credeva che il verso di un barbagianni appollaiato sul comignolo di casa preannunciasse l’arrivo di una figlia femmina.
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