Morire in famiglia tra le mura domestiche, spesso considerate rifugio sicuro
Le mura domestiche, spesso considerate rifugio sicuro, sono talvolta scenario di eventi tragici.
Nella mattina del 25 settembre a Nuoro, Roberto Gleboni, operaio forestale di 52 anni, ha compiuto una strage familiare. Armato di una pistola semiautomatica, ha ucciso la moglie Giuseppina, 43 anni, e la figlia Martina, 24 anni, colpendole alla testa.
Ha poi ferito mortalmente il figlio di 10 anni e un vicino di casa, mentre un altro figlio, di 14 anni, è rimasto lievemente ferito. Dopo aver ferito la madre anziana, si è tolto la vita.
Il movente resta sconosciuto, e la comunità, scioccata, non aveva notato segni di dissidi familiari.
Una delle più recenti stragi familiari si è consumata a Paderno Dugnano, alle porte di Milano, dove un ragazzo di 17 anni ha sterminato la propria famiglia: padre, madre e il fratellino di soli 12 anni.
Scoperto dai carabinieri in stato di shock e ancora coperto di sangue, l’adolescente è stato trovato in strada, incapace di spiegare il perché di un gesto tanto terribile.
Questo dramma ha scosso l’opinione pubblica, ma purtroppo non è un caso isolato. Le statistiche rivelano un quadro inquietante: le violenze tra le mura domestiche sono sempre più frequenti.
Secondo i dati del Ministero dell’Interno, solo nei primi otto mesi del 2024, si sono registrati 186 omicidi in Italia, di cui ben 88 avvenuti all’interno delle famiglie.
L’allarmante crescita della violenza familiare
Un’analisi dei dati storici offerti dall’Eures ci fornisce un quadro più ampio e preoccupante: dal 2012, si sono verificati oltre 2.110 omicidi in ambito familiare. Durante il lockdown del 2020, questo trend ha raggiunto un picco drammatico, con un aumento di casi di patricidi, matricidi e figlicidi. Quasi il 18% dei crimini familiari sono rappresentati da figli che uccidono i propri genitori, mentre il 12,7% riguarda genitori che uccidono i propri figli.
Un catalogo di orrore
Scorrendo tra i fatti di cronaca recente, si notano numerosi episodi di violenza brutale all’interno della famiglia.
Solo a settembre, Paderno Dugnano è stata teatro di una strage, e pochi giorni dopo, un uomo ha confessato in diretta televisiva di aver strangolato la madre ottantenne.
Le tragedie si susseguono con drammatica regolarità: a Perugia, un uomo ha ucciso moglie e figlia per poi togliersi la vita; a Bolzano, una ex guardia giurata ha sparato al padre anziano prima di uccidere una vicina di casa.
Ancora a luglio, sul Lago di Garda, un giovane ha ucciso il padre con un coltello durante una lite, mentre un mese prima, in Sardegna, una madre è stata accoltellata a morte dal figlio.
Casi famosi e storici
La lista di delitti familiari che hanno scioccato l’Italia è lunga. Tra i casi più noti vi è quello di Pietro Maso, che nel 1991 massacrò i genitori nel Veronese, e quello di Erika e Omar, che nel 2001 a Novi Ligure uccisero la madre di lei e il fratellino undicenne. Altri episodi rimasti nella memoria collettiva includono l’omicidio di Samuele Lorenzi, ucciso nel 2002 a Cogne da sua madre, Annamaria Franzoni, e il caso di Federico Bigotti, che nel 2015 accoltellò a morte la madre a Città di Castello.
Genitori carnefici: Una realtà drammatica
Non sono solo i figli a trasformarsi in carnefici. Numerosi sono i casi di genitori che, in preda alla disperazione o alla follia, uccidono i propri figli.
Nel 1994, Tullio Brigida narcotizzò e soffocò i suoi tre figli a Civitavecchia, mentre nel celebre delitto di Cogne, Annamaria Franzoni tolse la vita al piccolo Samuele. Anche gli episodi più recenti raccontano storie di orrore: nel 2022, Martina Patti simulò il rapimento della figlia Elena, salvo poi confessare di averla uccisa. Nello stesso anno, Alessia Pifferi abbandonò la figlia Diana, di 18 mesi, da sola in casa per sei giorni, lasciandola morire di stenti.
La violenza che non si ferma
Ogni settimana, nuovi episodi di violenza familiare riempiono le pagine dei giornali.
A luglio 2024, un uomo di 84 anni a Torino uccise a sprangate il figlio quarantenne, mentre ad agosto, a Rivalta Bormida, un padre ha sparato al figlio disabile e alla moglie prima di togliersi la vita.
Questi crimini non solo sconvolgono le comunità locali, ma lasciano un profondo segno nella coscienza collettiva del Paese, costringendoci a riflettere su un fenomeno tragico e diffuso. La violenza in famiglia, purtroppo, continua a segnare la nostra società con una scia di sangue che sembra non voler finire.
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