Chi erano i "figli dell'anima" in Sardegna
“Is fillus de anima”
In una Sardegna del passato, quella gestita da regole non scritte, quella Sardegna che conosceva il senso della comunità, che ha sempre gestito i problemi e le gioie come se fossero comuni, si poteva aver poco, ma era sempre a disposizione di tutti.
I bambini erano figli di tutta la comunità, li educavano e li proteggevano come se fossero figli propri.
Le mamme che passavano le giornate in campagna potevano sempre far affidamento alla vicina di casa, per gestire l’educazione dei figli e badare ai loro bisogni.
La comunità era solidarietà, quella vera, quella che oggi stenta a stare in piedi.
In quel contesto storico esisteva una figura particolare, quella persona, solitamente una figura femminile, che offriva ospitalità ai bambini orfani di uno o di entrambe i genitori, o nei casi di famiglia in condizione di povertà estrema.
Questi bambini venivano chiamati “fillus de anima“, figli dell’anima. Quei figli non legati a una famiglia per il sangue, ma dall’anima.
Tutta un’altra storia dall’adozione o l’affidamento burocratico di oggi, si parlava di solidarietà e di amore incondizionato, il bambino veniva accolto da una famiglia di buon cuore, senza far perdere le radici della propria famiglia. L’educazione non andava a sostituirsi a quella genitoriale, ma viaggiava in parallelo.
Queste vicende, che dimostrano uno straordinario senso di comunità dell’epoca, le sentirai solo dalle persone più avanti con l’età, niente di scritto, nessuna regola, “Fill’e anima“, un qualcosa di emozionante e commovente a cui non siamo più abituati.
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