I promotori annunciano ricorso e parlano di violazione democratica
Regione boccia referendum sulle rinnovabili: è scontro politico
La Regione Sardegna ha respinto la richiesta di un referendum popolare consultivo sul tema degli impianti di energia rinnovabile. La decisione arriva dall’Ufficio per il referendum, istituito presso la presidenza della Regione, che ha dichiarato inammissibile il quesito proposto.
La richiesta e il quesito
Il referendum, supportato da oltre 19.000 firme raccolte dal movimento guidato dall’avvocato Michele Pala, avrebbe chiesto ai sardi:
“Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?”
L’obiettivo, secondo i promotori, era quello di dare voce ai cittadini su un tema tanto delicato quanto strategico per il futuro energetico e ambientale dell’isola.
La bocciatura
Secondo l’Ufficio per il referendum, la materia in oggetto non rientra tra quelle per cui è possibile indire un referendum consultivo. È stata evidenziata una potenziale lesione dell’interesse nazionale in materia di transizione energetica, argomento ritenuto di esclusiva competenza dello Stato.
La reazione dei promotori
Michele Pala, promotore dell’iniziativa, ha definito la bocciatura come una negazione del diritto democratico:
“Non è più solo una questione di pale eoliche o pannelli fotovoltaici, ma di democrazia e libertà. Il referendum avrebbe dato ai sardi la possibilità di esprimersi su una trasformazione epocale.”
Pala e il movimento annunciano ricorso al Tar, denunciando inoltre presunti ritardi procedurali da parte della Regione.
Le critiche politiche
Anche i leader nazionali di Democrazia Sovrana e Popolare, Marco Rizzo e Francesco Toscano, hanno espresso forte contrarietà alla decisione, accusando la presidente della Regione, Alessandra Todde, di aver limitato il diritto costituzionale dei sardi a esprimersi.
Nonostante la bocciatura, il dibattito rimane aperto e i promotori promettono battaglia politica e legale per portare la questione all’attenzione pubblica.
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