Il balente di un tempo doveva resistere e vivere in un ambiente povero, duro e violento
La balentìa in Sardegna
La balentìa (rigorosamente con l’accento sulla i) è quell’insieme di comportamenti, regolati da istruzioni e “leggi” non scritte che caratterizzano un balente, ossia “unu chi balet” (“uno che vale”).
Tralasciando le interpretazioni romantiche che sono sfociate in versioni cinematografiche, letterarie e musicali, il fenomeno della balentìa ha caratterizzato gli ultimi 400 anni di storia della Sardegna, per ragioni storiche e culturali.
Spiegato in maniera precisa da Bachisio Bandinu, come caratteristica di una persona (il balente) “che riesce a resistere e vivere in un ambiente povero, aspro, duro e violento”, la balentìa nasce e si sviluppa come risposta al malessere sociale dettato da alcuni fattori tipici nell’isola:
– Una geografia aspra che non dà luogo a interazioni costanti tra i pochi abitanti;
-Lacune istituzionali incolmabili, dovuta ai cambi continui di meris e barones (padroni e baroni) che facevano il bello e il cattivo tempo e, perciò, accrescevano la sfiducia verso chi stava al di sopra;
-Una serie di regole non scritte, il famoso Codice barbaricino del mondo agropastorale, che fa leva sulla vendetta come fonte sicura di giustizia quando le cose non vanno nel senso giusto.
In pratica, la balentìa è la caratteristica dell’uomo “forte” che, avendo subito un’ingiustizia, difende il proprio onore con un altro sopruso volto a ripagarlo del danno ricevuto.
Un furto di bestiame, quindi la perdita della fonte di sussistenza di una famiglia, si ripaga con un furto equipollente, la perdita violenta di un familiare con una perdita simile eccetera.
Se poi a questo si aggiunge la mancanza di volontà di cambiare le cose quando le istituzioni sembrano distanti, ecco che la figura del balente viene quasi deificata e il suo mito ingigantito. Quando nel XVII secolo la Sardegna venne ceduta dalla Spagna al ducato di Savoia, i vari viceré che si susseguirono si resero immediatamente conto della piaga del banditismo e dei balentes. Questi, a loro volta, venivano persino protetti dalle istituzioni locali a scapito della giustizia “imposta dall’alto”, cioè straniera.
In quelle realtà sociali in cui le istituzioni latitavano e sembrava che i singoli fossero alla loro mercè, una persona che non accettava supinamente l’ambiente duro, violento e povero risultava una persona di valore, un balente.
Sfortunatamente, questi atteggiamenti hanno favorito storicamente i sospetti e l’invidia tra le persone, che spesso si trasformavano in odio profondo e rancore impedendo così la convivenza pacifica. Da qui, poi, a tensioni costanti che sfociavano in regresso sociale, malessere e delitti, il passo era alquanto breve.
Cos’è rimasto oggi?
Oggi molti adolescenti sardi, pur connessi col mondo globale grazie a internet e ai social, riproducono atteggiamenti propri di nonni e bisnonni arrivando sino a portarsi dietro la pistola in una festa di paese. Questo conferma quanto il codice barbaricino continui ad essere presente, in alcune zone, anche nella società del terzo millennio.
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