Faro Mangiabarche, affascinante guardiano del mare
Faro Mangiabarche
Spettacolare d’inverno quando, durante le mareggiate, gigantesche onde spumose esplodono contro il faro, mettendo in mostra tutta la potenza del mare.
Il Faro Mangiabarche, situato sull’omonimo scoglio, poco distante dalla costa di Tonnara, nel comune di Calasetta, sembra un guerriero solitario che si erge e lotta tra le onde del mare sardo.
Nel periodo invernale le onde si spingono in alto fin quasi a sommergere la sommità stessa del faro.
Per i turisti non c’è alcuna possibilità di visitare il Faro, può essere ammirato dalla costa oppure a bordo di un gommone, niente di più.
Mangiabarche è uno di quei luoghi che ha una storia a metà strada tra verità e leggenda.
Le origini del nome
Perché i 3 isolotti, compreso quello che ospita il faro sono stati battezzati “Mangiabarche“?
Sembra che debbano il loro nome ai molti naufraghi causati, che sono valsi a questi isolotti la nomina di veri e propri “mangiatori di barche“.
Semi-nascosti dalla superficie dell’acqua, quando la marea è più alta i tre isolotti “Mangiabarche” emergono soltanto con poche punte rocciose.
Un’insidia a cui spesso era impossibile sottrarsi.
Secondo la “leggenda”, il nome Mangiabarche deriverebbe anche dal particolare aspetto degli scogli, che farebbe pensare alla dentatura di un mostro marino, capace di “mangiare” le barche.
Nel 1935 venne costruito quello che venne poi battezzato col nome di Faro Mangiabarche, allo scopo di segnalare quello scoglio “maledetto” e evitare che si verificassero ulteriori tragedie e incidenti.
Fiero e lucente al mattino, quando il sole si presenta, dall’omonima spiaggia di Mangiabarche è uno spettacolo emozionante.
E’ passato quasi un secolo dalla sua costruzione, eppure il Faro Mangiabarche è ancora lì, 89 anni di “battaglie”, capace di resistere alle onde del mare e al vento di Maestrale che spazza l’isola.
Guarda il video mozzafiato realizzato da Gianfranco Zedda.
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Come arrivare al Faro Mangiabarche
Musei in Sardegna
S’omo ‘e sa Majarza – A Bidonì la casa della strega
La casa della strega – Nel museo di Bidonì un viaggio nella magia e stregoneria sarda
Il Museo S’Omo ‘e sa Majarza, tradotto “La casa della strega” si trova nel territorio di Oristano, precisamente a Bidonì. Realizzato nella sede del vecchio Municipio, il museo è dedicato alla stregoneria, al diavolo e agli esseri fantastici delle leggende della Sardegna. Al suo interno si potrà ammirare una raccolta contenente diverse silografie di streghe e diavoli, datate tra XIV e XVI secolo. La visita alla casa della strega è un vero e proprio viaggio nel mondo delle credenze popolari e delle più terribili maledizioni. Il museo di Bidonì, non è l’unico di questo genere presente in Sardegna. Infatti gli appassionati del genere ci sono altri due siti molto interessanti da visitare, uno ad Aritzo, e uno a Castelsardo. La casa della strega di Bidonì, conserva antichi e tipici amuleti e portafortuna sardi contro il malocchio, e svariate pozioni e sortilegi contro varie malattie e malefici come “sa mixina de s’ogu” e “sos fattuggios”. Inoltre si potrà conoscere la storia di diverse figure, umane e non, riprodotte in modo fedelissimo, appartenenti alla tradizione orale tramandata per secoli, in merito ai miti e leggende di Sardegna. Il museo non essendo sempre aperto, è visitabile solo su prenotazione e attraverso visite guidate.Al momento il museo è chiuso per lavori e non c’è una data fissata per la riapertura al pubblico. Unisciti al nostro nuovo canale Telegram – Entra
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Archeologia
La Pintadera, il misterioso timbro preistorico legato a tradizioni antiche
Foto – Wikimedia_Sailko
Un viaggio tra i simboli incisi nel passato, per scoprire l’origine, l’uso e il significato nascosto della pintadera sarda
La Sardegna, è un’isola intrisa di storia e tradizione, che ci ha lasciato numerose testimonianze della sua antica civiltà nuragica. Tra i reperti più affascinanti di questa cultura spicca la pintadera, un oggetto piccolo ma carico di significati simbolici.
Utilizzata per decorare alimenti e probabilmente utilizzata anche in rituali, la pintadera rappresenta un legame diretto con il passato nuragico e con il rapporto profondo di questa popolazione con la natura e il ciclo delle stagioni.
Che cosa è la pintadera?
La pintadera è un piccolo stampo, generalmente in terracotta, legno o osso, di forma circolare o poligonale, decorato con intricati motivi geometrici. Questi simboli, spesso collegati al sole o a elementi naturali, venivano impressi su pane o dolci, specialmente durante cerimonie rituali. Il termine deriva dal sardo “pintare”, che significa “dipingere” o “decorare”, evidenziando la sua funzione pratica nell’abbellire i cibi, ma anche il suo ruolo simbolico.
Pintadera: origini e contesto archeologico
Le pintadere trovano la loro origine in epoche molto antiche. In Sardegna, alcune sono state rinvenute in contesti funerari o abitativi risalenti al periodo Nuragico (1800-238 a.C.), collegando questi oggetti alla ricca tradizione artigianale della civiltà nuragica. Tuttavia, esempi di pintadere sono stati trovati anche in altri contesti mediterranei, come la Spagna, la Grecia e le regioni del Nord Africa.
Funzione della pintadera
Non vi è certezza assoluta sull’uso specifico delle pintadere, ma esistono diverse ipotesi basate su reperti archeologici e analisi dei materiali:
Timbri per decorazione corporea: Si ritiene che le pintadere potessero essere utilizzate come timbri per la decorazione della pelle, durante cerimonie rituali o celebrazioni, imprimendo disegni geometrici su corpi o volti. Questo tipo di decorazione corporea aveva probabilmente significati simbolici o spirituali, legati a riti di passaggio, celebrazioni stagionali o eventi tribali.
Timbri per tessuti e ceramiche: Altri studiosi ipotizzano che le pintadere fossero utilizzate per decorare tessuti, vestiario o ceramiche. Potrebbero essere state impiegate per creare motivi ripetuti su stoffe o su superfici di oggetti in argilla, conferendo un valore estetico e simbolico agli oggetti della vita quotidiana.
Timbri per il pane: Una delle ipotesi più affascinanti è che le pintadere fossero utilizzate per marcare il pane o altri prodotti alimentari. In molte culture mediterranee antiche, era consuetudine imprimere simboli o segni sui pani come metodo per distinguere i prodotti di una famiglia o di una comunità. Questo tipo di uso rituale del cibo sarebbe stato collegato a riti religiosi o feste comunitarie.
Funzione simbolica o rituale: È anche possibile che le pintadere avessero una funzione puramente rituale o simbolica. I motivi decorativi potrebbero rappresentare simboli religiosi o cosmologici legati a culti agricoli o astrali, riflettendo la visione del mondo delle popolazioni antiche.
La pintadera, simbolismo della ciclicità e del tempo
Uno degli aspetti più intriganti legati alla pintadera è la sua connessione con la ciclicità, un concetto centrale nella cultura nuragica. I disegni geometrici incisi su questi strumenti richiamavano spesso i fenomeni naturali, come il moto del sole o il susseguirsi delle stagioni.
Secondo alcune interpretazioni, la pintadera potrebbe aver funzionato come una sorta di calendario simbolico, utilizzato per segnare eventi importanti o per sottolineare il passaggio del tempo. Questo tipo di simbologia rifletteva l’interazione costante tra le comunità nuragiche e il ciclo vitale della natura. Anche se le forme erano essenzialmente semplici, i significati attribuiti da chi li utilizzava erano profondi e ricchi di valori spirituali
Le pintadere, un patrimonio vivo e attuale
La pintadera oggi è diventata un simbolo iconico della cultura sarda, ampiamente reinterpretato e utilizzato in diversi ambiti contemporanei. Oltre a essere riprodotta in oggetti di artigianato, come gioielli e souvenir, essa è divenuta un emblema di appartenenza e orgoglio identitario.
Molti artigiani locali, ispirati dal passato, continuano a creare nuove versioni di questa antica decorazione, contribuendo a mantenerne vivo il valore storico e culturale.
Camminando tra le botteghe artigianali della Sardegna, si possono trovare versioni moderne della pintadera, che riflettono l’evoluzione del suo significato e l’importanza di trasmettere le tradizioni nuragiche alle generazioni future. Questo antico simbolo testimonia come la storia della Sardegna continui a vivere nell’arte e nelle pratiche quotidiane
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